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L’Ecosofia del camminare a Bologna e dintorni

L’ecosofia del camminare è un approccio che ho creato a partire dall’etimologia del termine greco oikos che può essere tradotto in diversi modi: un territorio ma anche un abito, oppure – nella versione più diffusa – un suono, un’eco.

La sofrosine – sofia – è invece l’antico termine con il quale i greci indicavano la saggezza.

Sibilla Trekking ‘n Tour propone un’ecosofia del camminare intesa come saggezza che deriva dal percorrere un territorio, camminando.

L’Appennino bolognese, i tour sulle colline che circondano la città di Bologna e il trekking urbano, si prestano alla pratica di questa antica saggezza: per disconnettersi dalla frenesia della modernità e scoprire un contatto più autentico con l’ambiente che ci circonda.

Partnership con Agriturismi e Bnb

Sostenibilità alimentare, rispetto dell’ambiente e riconnessione con la natura sono i fulcri attorno ai quali ruotano tutte le attività di Sibilla Trekking ‘n Tour: per disconnettersi dalla tecnologia alientante e riconnettersi con la dimensione selvaggia e apparentemente silente di boschi, colline, vallate e crinali.

Sibilla Trekking ‘n Tour collabora inoltre con molteplici realtà locali di turismo – come Agriturismi e Bnb – per valorizzare il territorio e farlo in maniera sostenibile. Guidiamo i visitatori e i curiosi alla scoperta di tradizioni, antiche vie di pellegrinaggio e segni tangibili lasciati dall’inesorabile scorrere della storia antica e recente: dagli scavi etruschi, agli eremi medievali fino ai luoghi della resistenza partigiana.

Chi era la Sibilla?

Narra la leggenda che la Sibilla Appenninica, insieme alla sua corte di fate, avesse la propria dimora nell’antro situato sul monte che porta il suo nome: il Monte Sibilla – a 2.173 m. – nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini. La grotta della Sibilla – che del regno fatato era regina, maga e profetessa a un tempo, è stata mèta di numerosi cavalieri erranti che, durante il medioevo, prima che il paganesimo marchigiano venisse soffocato dalla longa manus papale –  si recavano nel suo regno fatato in cerca di profezie e vaticini. Secondo la tradizione orale diffusa tra la popolazione locale, si narra che la Regina Sibilla sia stata – ed è tuttora – una saggia conoscitrice dei movimenti segreti degli astri oltre che una fata preveggente e incantatrice. Si ritrovano, nella sua leggenda, elementi comuni alla tradizione della letteratura epica classica. Così come Ulisse – esploratore dal multiforme ingegno – dovette resistere al canto delle Sirene e, nel farlo, si fece legare all’albero maestro della sua nave, così, il cavaliere errante che penetrava dentro al Regno Fatato della Regina Sibilla sarebbe potuto uscirne, e dunque compiere la sua personale catarsi senza lasciarsi incantare dalla magia delle fate, solo in giorni con una numerazione prestabilita: il nono giorno, il trentesimo o il trecentotrentesimo, a partire dal suo ingresso nell’antro.

La simbologia della grotta – intesa qui come anticamera di accesso ad un mondo altro e fatato in cui non valgono più le leggi del “mondo di sopra”, spinge inoltre l’immaginazione al compimento di un’indagine dentro sé stessi per una maggiore comprensione dell’Universo, secondo la nota formula alchemica come sopra, così sotto.

Ad oggi l’ingresso della grotta della Sibilla è ancora ben visibile sulla vetta del monte omonimo ma il suo accesso è collassato in un cumulo di imponenti pietre – sebbene il monte Sibilla sia stato esplorato da speleologi che confermano che al suo interno la montagna sia effettivamente piena di cavità.

La leggenda della Sibilla viene ancora oggi tramandata di generazione in generazione nonostante l’oblio del tempo del racconto orale – amaramente messo da parte per via della dilagante tecnologia.

E’ così che ho appreso la leggenda della Regina Sibilla dal racconto di mia nonna che a sua volta l’aveva ascoltata dalla nonna – e così via fino alla notte dei tempi lungo il filo di un lignaggio matriarcale pregno di segreti e antiche leggende sibilline.